10 - Sangue italiano, parte terza.
Agli ingressi dell'Estadio Centenario militi della policia perquisirono migliaia di spettatori. Fu trovato di tutto, anche la terna arbitrale fu ammessa all'ingresso solamente dopo una accurata ispezione alle valigette.
20.000 tifosi argentini attraversarono il Rio della Plata su un centinaio di piroscafi che avevano attraccato al porto di Montevideo nelle 48 ore precedenti il match.
Langenus che era stato prescelto per dirigere la finale aveva accettato la designazione un paio d'ore prima dell'avvio dell'incontro. E accettò quando gli fu stipulata una congrua polizza sulla vita e assicurata l'assistenza garantita di almeno un centinaio di poliziotti.
La vigilia dell'incontro fu incrinata dalla rinuncia di Anselmo, centravanti della «celeste» e grande rivelazione di quei campionati. Chiese di non essere schierato senza precisare i motivi che lo spingevano ad una tale richiesta e ci fu chi malignamente insinuò il sospetto di un irresistibile timore di Monti. Con Petrone fuori forma, il compito di sostituire Anselmo fu affidato a Hector Castro, un giocatore carente sul piano tecnico ma dotato di una carica agonistica inesauribile. Uruguay dunque schierato: Ballestrero; Nasazzi Mascheroni; Andrade Fernandez Gestido; Dorado Scaron Castro Cea Iriarte.
L'ambiente della «celeste» era teso, ma sostanzialmente conscio della propria forza e fiducioso nella vittoria.
In casa argentina al contrario regnava il «caos» più completo. Luisito Monti non voleva giocare, il pubblico gli aveva indirizzato ogni genere di insulto e come non bastasse aveva ricevuto minacce telefoniche. Arrivarono anche due dirigenti del San Lorenzo per convincere Luisito ad accettare la designazione al ruolo. Gli argentini al fischio di Langenus adottarono il seguente schieramento: Notasso; Della Torre, Paternoster; J. Evaristo, Monti, Suarez; Peucelle, Varallo, Stabile, Ferreyra, M. Evaristo
Gli uruguagi stentavano un poco, Andrade sembrava in trance e Nasazzi era costretto ad affannosi recuperi, ma al 12' l'Uruguay passa in vantaggio. Fra le esplosioni di gioia degli uruguagi monta la furia argentina. Nasazzi e Mascheroni compiono autentici miracoli ma il pareggio è nell'aria.
Raggiunto il pareggio quasi subito, verso la fine del primo tempo Stabile fa impazzire i difensori e al 37' anticipa il portiere con un tocco beffardo che termina in rete. Argentina in vantaggio, 1 a 2!
Ma poi, nel secondo tempo, prima Cea, poi Iriarte ed infine Castro riportano l'Uruguay verso la vittoria, dominando largamente il campo.
E' notte per le ambizioni argentine, la Coppa del Mondo rimane a Montevideo a concludere un decennio di dominio sul football mondiale.
La Federazione argentina perde addirittura la testa e rompe ogni e qualsiasi rapporto con la consorella uruguayana. Luisito Monti fu oltraggiato lungamente; gli appiopparono ora l'appellativo «conejo» imputandogli un comportamento pauroso nel corso della finale.
Le cause che portarono alla sconfitta non erano imputabili alla valutazione dei singoli, che sul piano della classe pura le due squadre si equivalevano, il divario dei valori scaturiva dalla diversa concezione tattica delle due scuole; il gioco argentino era tutto orientato all'offensiva senza particolari attenzioni alla difesa e per contro gli uruguagi di Nasazzi, manovravano più raccolti sulla loro trequarti per colpire in controgioco con incursioni veloci in profondità.
Grande Uruguay, grande partita, grande calcio
Il grande circo era partito...
La Coppa Rimet raccontata - Uruguay '30
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Re: La Coppa Rimet raccontata - Uruguay 1930
Letto e apprezzato.
Grande piso
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