isabeau ha scritto:
Posso chiedere una cortesia? Io, purtroppo, non conosco una parola di inglese. Sarebbe troppo complicato accludere una traduzione o riassumere il contenuto in italiano? Grazie
alcune parti scorrono malino
Il Torino ha fermato la Roma con un pareggio, il primo da settimane, ma non è tempo di sentirsi tristi o vulnerabili. La notte dopo, la mattina dopo, l'intera settimana dopo ha un significato completamente differente. Ti dà voglia di alzare la sciarpa un po' più in alto, ti dà voglia di usare come coperta la bandiera più grande che riesci a trovare, ricordando che "Comunque vada, nessuno può portarti via le gioie passate". Per 10 settimane, gli altri sono rimasti a guardare esterrefatti mentre la Roma fissava standard impossibili. Per 10 settimane hanno pregato e pregato per una nostra caduta, trovando scuse e e spiegazioni ridicole quando ancora non succedeva. All'inizio la Roma non aveva mai giocato contro un avversario valido, poi era solo fortunata, e alla fine spalleggiata dagli arbitraggi.
Come no. Arrivati all'undicesima settimana, la Roma finalmente è inciampata e ora più di prima è il momento di alzare quella sciarpa e cantare a squarciagola: la rincorsa è cominciata. Scusate se ci abbiamo messo così tanto, ma se serviva una prova che la Roma è una squadra "mortale", eccone infine la prova. A voi la mossa.
Che la Roma abbia commesso il suo primo errore qui, tra tutti, ha senso. C'erano molti fattori in gioco. La partita di giovedì contro il Chievo ha esuarito le energie, già visibilmente in calo durante le ultime tre partite. Ljajic è partito dalla panchina per questo motivo, come detto prima del match, e va bene così: noi, da fuori, non abbiamo nessun diritto di giudicare le sue condizioni meglio dello staff medico. Il gioco della squadra avrebbe avuto bisogno di un Ljajic in forma dal primo minuto. Senza lui, Totti o Gervinho, non c'è giocatore in campo capace di collegare centrocampo e attacco (nella maniera in cui soprattutto Totti e Ljajic sanno fare), o di pressare gli avversari nella loro metà campo (come Gervinho e Ljajic sanno fare). Pjanic è un giocatore fantastico, e non ha giocato affatto male la sera scorsa. Detto questo, il suo stile - assolutamente brillante - non riesce a riempire il vuoto che le tre assense di cui sopra lasciano. Florenzi non è tipo di quel giocatore, e nemmeno Borriello.
Per lunghi tratti di gara la Roma ha giocato piuttosto bene senza arrivare a nulla. Il primo tempo è stata una partita ordinata, dove la Roma ha giocato del buon calcio contro un Torino più arretrato della fronte di Meggiorini, ed ha ottenuto il gol che fino ad ora era bastato ad ottenere il completo controllo delle partite. Questa volte invece il Torino si è fatto vivo nel secondo tempo e per diversi minuti ha controllato la partita, culminando nel pareggio di Cerci che, fino a quel momento, era stato tenuto a bada piuttosto bene. Pensavo che Cerci avesse fatto una buona partita, mostrandosi sempre pericoloso, ma a mente fredda basta notare che gli sono riusciti soltanto due dribbling su sette, è riuscito a tirare una sola volta da dentro l'area (l'occasione del gol), ed
ha completato due soli passaggi nei pressi della nostra area. Nel secondo tempo il Torino ha abbandonato le comodità del loro catenaccio e bhe, ha funzionato. La loro energia ha surclassato quella della Roma, evocando brutti ricordi di un periodo che preferiremmo dimenticare (ovvero gli ultimi tre anni). Potrebbe essere scoraggiante ed un preoccupante segno di cosa potrebbe succedere alla stagione della Roma, ora che il sangue è stato finalmente versato e ovunque gli avversari ripetono a mente la storica battuta di Schwarzenegger in Predator: "se sanguina, possiamo ucciderlo".
Poi è arrivata la reazione e tutto è tornanto al suo posto nel mondo. Fino alla fine, la Roma ha provato a vincere la partita. Quello che mancava in precisione e stile veniva compensato col cuore, che non è tanto una buona strategia quanto un segno di dove arrivino le ambizioni della squadra. Non puoi vincerle tutte, ma che la Roma provi a farlo è la cosa più importante. Benatia è uscito a scopo precauzionale, e De Rossi è stato arretrato a centrale difensivo. Dopo poco, è avanzato di nuovo e il solo Burdisso è rimasto a difendere la nostra metà campo mentre il resto della squadra si spingeva in avanti alla ricerca del gol vittoria. Forse si sono accontentati troppo presto alla ricerca di calci di punizione e, ancor peggio, tiri dalla distanza (sto guardando te, Marquinho). Ma la migliore chance della partita, (a parte,
sì insomma) è arrivata da un calco piazzato battuto da Pjanic in mezzo all'area per la testa di Florenzi. L'ala/attaccante/fonte di energia rinnovabile non è riuscita ad inquadrare la porta, ma è stata un'occasione ben costruita che avrebbe potuto portare i tre punti. C'è stata anche un po' di sfortuna forse, in alcune occasioni. So che Meggiorini ha dichiarato di aver di fatto commessso fallo su Benatia sull'occasione del goal, ma so anche che non avrei protestato se fosse stato Borriello a fare la stessa cosa. Ma è un fallo che avrebbero comunque potuto fischiare, come il rigore per Pjanic. Sfortuna, succede.
Qui è dove siamo arrivati ora, imperfetti ma forti e uniti. Non ho mai accettato l'idea che la prima versa sfida della squadra sarebbe arrivata dopo il primo pareggio o la prima sconfitta, suona come un cliché vuoto, una cosa da dire tanto per suonare più intelligenti. Ma cosa significa? Che vincere dieci partite di fila non è stata una vera sfida, è una cosa che capita in automatico? Una serie di risultati come questa non è come un proiettile sparato da una pistola; non parte alla pressione del grilletto e viaggia a seconda della potenza di fuoco prestabilita. È più simile ad un razzo, che si spinge costantemente in avanti grazie alla sua stessa forza e al suo motore. Dire che la vera sfida della Roma sia cosa succede ora, come se le dieci vittorie non fossero affatto una difficoltà, è psicologia-pop: insulsa, poco originale, e, soprattutto, una lettura totalmente sbagliata di tutto quello che è successo dal 25 agosto in poi.
La magia di questo inizio di stagione è che non c'è nessuna magia. Nessun singolo risultato è stato improbabile o sorprendente: Napoli e Inter (e aggiungerei il Verona) sono buone squadra, ma vedere la Roma sconfiggerle non è come assistere a Davide che abbatte Golia. Quello che affascina è il quadro d'insieme. Come un'esposizione, è l'eccellenza della collezione che affascina, non necessariamente il singolo pezzo. La squadra ha 31 punti dopo undici partite, che sono 17 in più delle partite giocate contro gli stessi avversari la scorsa stagione. Mi viene in mente una delle migliori frasi mai citate nello sport, riguardo al San Antonio nell'NBA:
"Quando nulla sembri funzionare, penso ad un tagliapietre che lavora le roccie, colpendole forse migliaia di volte senza che una crepa percorra la pietra. Eppure al milleunesimo colpo, essa si spezza in due, e so che non è stato quel singolo colpo il responsabile, ma tutti i colpi precedenti".
Sapremo chi ha ragione e chi ha torto tra qualche settimana, quando vedremo la reazione della Roma. Immagino ci sarà altro lavoro duro, altra ricerca della perfezione, piuttosto che panico o appagamento. Penso che Rudi Garcia sia un uomo che apprezzi l'approccio del tagliapietre piuttosto che quello dei tifosi/giornalisti/iellatori di professione dalla memoria breve.