Aneddoti vari
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Re: Aneddoti vari
Vi dirò che Cosmi allenatore della Roma avrebbe avuto un suo perché, poi non saprei in quale momento. Forse dopo le dimissioni di Prandelli quindi al posto di Del Neri o dopo l'esonero di Zeman quindi al posto di Andreazzoli.
voglia di stringersi un po'... curva sud roma vecchie maniere...
- antoniocs
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Re: Aneddoti vari
Non poteva essere preso in quelle 2 occasioni. A logica può essere stato contattato solo prima di prendere Prandelli o prima di prendere Spalletti. Una terza possibilità ipotetica sarebbe come sostituto di Spalletti quando fu preso Ranieri ma la sua parabola era già in fase discendente perciò lo escluderei.Jean Louis Scipione ha scritto: ↑gio 29 mag 2025, 11:45 Vi dirò che Cosmi allenatore della Roma avrebbe avuto un suo perché, poi non saprei in quale momento. Forse dopo le dimissioni di Prandelli quindi al posto di Del Neri o dopo l'esonero di Zeman quindi al posto di Andreazzoli.
Io al primo che mi scrive 11 partite di questa stagione tra Campionato e Europa League in cui Paredes gioca almeno un tempo da 6,5 a salire offro una cena con facoltà di scegliersi il ristorante
- antoniocs
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Re: Aneddoti vari
Partì tutto da Gianni Rivera?
«Non solo.Vennero lui e Fabio Capello, che non era ancora allenatore del Milan ma faceva scouting per
loro. Era il Milan di Farina, non di Berlusconi. Con Fabio nelle riunioni Uefa ne parliamo ancora. Primavera 1984, mi volevano: videro delle partite, parlammo a Brema. Karl-Heinz Schnellinger mi telefonava. Poi presero Mark Hateley».
La scartarono?
«No. Fui io a dire che non mi sentivo pronto. Mi volevano anche Torino, Napoli, Fiorentina. Rimasi al Werder. Poi quando volevo compiere il grande passo,
chiusero le frontiere. Venire in Serie A era come fare la Champions adesso, dovevi esserci perché c’erano tutti i migliori. Giravano anche i soldi, più che altrove. Aspettai fino al 1987».
Quando Dino Viola la portò alla Roma. Che persona era?
«Sembrava una persona dura, era molto diretto.
Questo mi piaceva, da tedesco. Da subito ho avuto
un rapporto eccezionale ed è stato il motivo per cui
sono rimasto 5 anni. Se non fosse stato per lui, sarei
tornato indietro dopo una stagione. Il primo anno
avevo guai fisici, giocavo male e le critiche erano
giuste. Avevo offerte in Bundesliga, ma lui disse:
"No,tu rimani qui, vedrai che farai grandi campionati”. Meno male che è andata così, grazie a lui».
Le voleva così bene che la spinse anche al Mondiale del ‘90.
«Abbiamo vinto la coppa all’Olimpico, che per me
era casa, ma siamo stati aRoma solo dalla vigilia, il
resto del torneo l’abbiamo giocato altrove. Atterriamo, andiamo alla Borghesiana e chi trovo? Viola, il mio presidente, che mi aspettava. Conosceva anche Beckenbauer, ci siamo seduti, abbiamo bevuto
un caffè e parlato. Anche lui era molto felice e orgoglioso di vederci in finale, l’Italia era uscita, tifava
per noi. Bello. Il giorno dopo ho procurato il rigore
della vittoria sull’Argentina».
Altri personaggi della sua vita in giallorosso: Liedholm?
«Mitico Barone. Persona splendida con tutti, con i vecchi e i giovani. Non alzava mai la voce, si faceva intendere, senza urlare. Io pensavo di trovare Eriksson, avevo parlato con lui in primavera. Ma poi se ne andò. Però con Liedholm sono stato bene, anche se non sono arrivati i risultati».
Zibì Boniek?
«Ah, il mio primo compagno di stanza. Ne parliamo ancora, e ridiamo. È stato il mio esempio linguistico: nella storia del calcio, fra tutti gli stranieri venuti in Italia, nessuno parlava bene come lui. Il mio obiettivo era: studiare e parlare come Zibì».
Antonio Tempestilli o Bruno Conti?
«Scelgo tutti due. Come si fa? Tonino e Bruno? Grandi. Però avevo un buon rapporto anche con Sebino Nela, con Giuseppe Giannini che era molto giovane, ma il Barone lo aveva fatto capitano. Pure con Ciccio Desideri e altri, ci si divertiva».
Renato Zero?
«Festa del mio trentesimo compleanno, ero già da
tre anni aRoma, invito la squadra al mio ristorante
preferito, al Fontanone. I compagni si mettono
d’accordo col proprietario: a un certo punto arriva
Renato Zero. Sorpresa riuscita».
Lorella Cuccarini?
«La storia bella è che noi ci incontriamo molto prima che esca la famosa canzone. Ero a Roma da poco,
lei molto giovane, io molto timido,
ci fanno posare insieme per la copertina di un giornale. La ballerina e il panzer. Poi la sua canzone verrà trasformata dalla curva Sud in un motivo dedicato a me. Ho incontrato Lorella qualche tempo fa, all’Olimpico. Ci siamo fatti due risate. Lei è tifosa romanista».
Sembra che sia stato lei a rendere eterna la canzone, Cuccarini avrebbe dovuta ringraziarla.
(risata)«Non so, però quando incontro dei tifosi,in
giro, se sono tedeschi parte subito Ein Rudi Voeller,
il coro che mi facevano in Germania. Ma se sono
italiani, intonano sempre Tedesco Vola».
Il mese da allenatore della Roma lo ha definito
come il momento sbagliato nel posto sbagliato.
«Era il 2004, non potevo dire di no dopo che Cesare Prandelli si dimise per la malattia della moglie.
Avevo appena lasciato la nazionale, volevo fare una
pausa. Erano in difficoltà: mi hanno chiamato il
presidente Sensi, Totti, Baldini è venuto in Germania per convincermi. È andata male, forse si aspettavano il tedesco duro che sistemasse le cose,ma io non sono un tipo così, sono uno che prende sotto braccio la gente.Ho capito che non andava,ho detto: meglio che prendiate un italiano. Rivista anni dopo, si può estrarne pure un aspetto divertente».
Dica.
«Tutti pensavano che fossi tornato a Roma per accontentare mia moglie Sabrina, invece lei era l’unica che non voleva. Mi diceva: vai al Leverkusen, in
Inghilterra, in Francia, dove vuoi, ma non tornare
a Roma. È sempre meglio ascoltare le mogli...».
Lei si definisce “mezzo romano, non mezzo italiano”. Quando esce la sua romanità?
«Mi escono delle battute, anche con i tedeschi, poi
penso e dico: questa è la classica battuta romana».
«Non solo.Vennero lui e Fabio Capello, che non era ancora allenatore del Milan ma faceva scouting per
loro. Era il Milan di Farina, non di Berlusconi. Con Fabio nelle riunioni Uefa ne parliamo ancora. Primavera 1984, mi volevano: videro delle partite, parlammo a Brema. Karl-Heinz Schnellinger mi telefonava. Poi presero Mark Hateley».
La scartarono?
«No. Fui io a dire che non mi sentivo pronto. Mi volevano anche Torino, Napoli, Fiorentina. Rimasi al Werder. Poi quando volevo compiere il grande passo,
chiusero le frontiere. Venire in Serie A era come fare la Champions adesso, dovevi esserci perché c’erano tutti i migliori. Giravano anche i soldi, più che altrove. Aspettai fino al 1987».
Quando Dino Viola la portò alla Roma. Che persona era?
«Sembrava una persona dura, era molto diretto.
Questo mi piaceva, da tedesco. Da subito ho avuto
un rapporto eccezionale ed è stato il motivo per cui
sono rimasto 5 anni. Se non fosse stato per lui, sarei
tornato indietro dopo una stagione. Il primo anno
avevo guai fisici, giocavo male e le critiche erano
giuste. Avevo offerte in Bundesliga, ma lui disse:
"No,tu rimani qui, vedrai che farai grandi campionati”. Meno male che è andata così, grazie a lui».
Le voleva così bene che la spinse anche al Mondiale del ‘90.
«Abbiamo vinto la coppa all’Olimpico, che per me
era casa, ma siamo stati aRoma solo dalla vigilia, il
resto del torneo l’abbiamo giocato altrove. Atterriamo, andiamo alla Borghesiana e chi trovo? Viola, il mio presidente, che mi aspettava. Conosceva anche Beckenbauer, ci siamo seduti, abbiamo bevuto
un caffè e parlato. Anche lui era molto felice e orgoglioso di vederci in finale, l’Italia era uscita, tifava
per noi. Bello. Il giorno dopo ho procurato il rigore
della vittoria sull’Argentina».
Altri personaggi della sua vita in giallorosso: Liedholm?
«Mitico Barone. Persona splendida con tutti, con i vecchi e i giovani. Non alzava mai la voce, si faceva intendere, senza urlare. Io pensavo di trovare Eriksson, avevo parlato con lui in primavera. Ma poi se ne andò. Però con Liedholm sono stato bene, anche se non sono arrivati i risultati».
Zibì Boniek?
«Ah, il mio primo compagno di stanza. Ne parliamo ancora, e ridiamo. È stato il mio esempio linguistico: nella storia del calcio, fra tutti gli stranieri venuti in Italia, nessuno parlava bene come lui. Il mio obiettivo era: studiare e parlare come Zibì».
Antonio Tempestilli o Bruno Conti?
«Scelgo tutti due. Come si fa? Tonino e Bruno? Grandi. Però avevo un buon rapporto anche con Sebino Nela, con Giuseppe Giannini che era molto giovane, ma il Barone lo aveva fatto capitano. Pure con Ciccio Desideri e altri, ci si divertiva».
Renato Zero?
«Festa del mio trentesimo compleanno, ero già da
tre anni aRoma, invito la squadra al mio ristorante
preferito, al Fontanone. I compagni si mettono
d’accordo col proprietario: a un certo punto arriva
Renato Zero. Sorpresa riuscita».
Lorella Cuccarini?
«La storia bella è che noi ci incontriamo molto prima che esca la famosa canzone. Ero a Roma da poco,
lei molto giovane, io molto timido,
ci fanno posare insieme per la copertina di un giornale. La ballerina e il panzer. Poi la sua canzone verrà trasformata dalla curva Sud in un motivo dedicato a me. Ho incontrato Lorella qualche tempo fa, all’Olimpico. Ci siamo fatti due risate. Lei è tifosa romanista».
Sembra che sia stato lei a rendere eterna la canzone, Cuccarini avrebbe dovuta ringraziarla.
(risata)«Non so, però quando incontro dei tifosi,in
giro, se sono tedeschi parte subito Ein Rudi Voeller,
il coro che mi facevano in Germania. Ma se sono
italiani, intonano sempre Tedesco Vola».
Il mese da allenatore della Roma lo ha definito
come il momento sbagliato nel posto sbagliato.
«Era il 2004, non potevo dire di no dopo che Cesare Prandelli si dimise per la malattia della moglie.
Avevo appena lasciato la nazionale, volevo fare una
pausa. Erano in difficoltà: mi hanno chiamato il
presidente Sensi, Totti, Baldini è venuto in Germania per convincermi. È andata male, forse si aspettavano il tedesco duro che sistemasse le cose,ma io non sono un tipo così, sono uno che prende sotto braccio la gente.Ho capito che non andava,ho detto: meglio che prendiate un italiano. Rivista anni dopo, si può estrarne pure un aspetto divertente».
Dica.
«Tutti pensavano che fossi tornato a Roma per accontentare mia moglie Sabrina, invece lei era l’unica che non voleva. Mi diceva: vai al Leverkusen, in
Inghilterra, in Francia, dove vuoi, ma non tornare
a Roma. È sempre meglio ascoltare le mogli...».
Lei si definisce “mezzo romano, non mezzo italiano”. Quando esce la sua romanità?
«Mi escono delle battute, anche con i tedeschi, poi
penso e dico: questa è la classica battuta romana».
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Re: Aneddoti vari
«Finale di andata Coppa Italia 1983-84, con la Roma. Perdiamo 1-0 il primo tempo, sulle scalette mi si avvicina Falcao. Mi mette una mano sulla spalla e mi fa: “Vuoi venire alla Roma?”. Bagnoli i suoi giocatori di riferimento non li mollava. E rimasi».
Di Gennaro
Di Gennaro
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Re: Aneddoti vari
Il famoso “Er gol de Turone era bono”? Hanno fatto anche un docufilm.
«Ce l’ho, lo guardo e tutte le volte m’incazzo».
In questi ultimi quarant’anni qualche domanda gliel’hanno fatta. Non si stanca di parlarne?
«No, mai. Ma senza fare tanti discorsi, moviole, Var,
analisi. Era “bono”. E basta. Era gol, me l’hanno tolto, è stata una grande porcata».
All’arbitro Bergamo che l’aveva annullato cosa ha detto?
«Io? Se racconto, se parlo mi squalificano ancora adesso per dodici anni. Lui sa che cosa gli abbiamo
detto nei 70 metri che vanno dal campo agli spogliatoi. Lo sa, lo sa… Ci è stato tolto uno scudetto».
Paolo Bergamo l’ha più incontrato?
«Una volta in piazza a Bologna, giocavo lì. Mi ha guardato,mi ha riconosciuto. Gli ho detto: "Ti ricordi di me?”. Lui ha detto una specie di sì. Ognuno è
andato per la propria strada».
Con Paulo Falcao alla Roma.
«Mostruoso, giocava a tutto campo. Leale, serio e generoso. Ero al Bologna e, a tutti i ragazzi che avevano lasciato la Roma l’anno prima, ha dedicato lo scudetto. Ma ho giocato anche con Conti. Che valore di mercato
avrebbe oggi Bruno? Un miliardo di euro. E Nela? Lo chiamavo Nelinho,unbrasiliano.Ogni tanto ci penso, se giocassimo oggi…»
Poi Liedholm l’ha chiamata e ha giocato in coppia con Sergio Santarini.
«Sì, mi ha cercato con insistenza.È venuto da Cuccaro a casa mia,a Varazze, con la moglie, la contessa Nina, e il figlio Carlo per convincermi. Aveva paura che gli dicessi di no. Mi disse: “Ramon, tu vieni..”. Certo, risposi, io e Santarini in coppia abbiamo già vinto un Europeo con la Under 17. E lui: “Bravi”».
«Ce l’ho, lo guardo e tutte le volte m’incazzo».
In questi ultimi quarant’anni qualche domanda gliel’hanno fatta. Non si stanca di parlarne?
«No, mai. Ma senza fare tanti discorsi, moviole, Var,
analisi. Era “bono”. E basta. Era gol, me l’hanno tolto, è stata una grande porcata».
All’arbitro Bergamo che l’aveva annullato cosa ha detto?
«Io? Se racconto, se parlo mi squalificano ancora adesso per dodici anni. Lui sa che cosa gli abbiamo
detto nei 70 metri che vanno dal campo agli spogliatoi. Lo sa, lo sa… Ci è stato tolto uno scudetto».
Paolo Bergamo l’ha più incontrato?
«Una volta in piazza a Bologna, giocavo lì. Mi ha guardato,mi ha riconosciuto. Gli ho detto: "Ti ricordi di me?”. Lui ha detto una specie di sì. Ognuno è
andato per la propria strada».
Con Paulo Falcao alla Roma.
«Mostruoso, giocava a tutto campo. Leale, serio e generoso. Ero al Bologna e, a tutti i ragazzi che avevano lasciato la Roma l’anno prima, ha dedicato lo scudetto. Ma ho giocato anche con Conti. Che valore di mercato
avrebbe oggi Bruno? Un miliardo di euro. E Nela? Lo chiamavo Nelinho,unbrasiliano.Ogni tanto ci penso, se giocassimo oggi…»
Poi Liedholm l’ha chiamata e ha giocato in coppia con Sergio Santarini.
«Sì, mi ha cercato con insistenza.È venuto da Cuccaro a casa mia,a Varazze, con la moglie, la contessa Nina, e il figlio Carlo per convincermi. Aveva paura che gli dicessi di no. Mi disse: “Ramon, tu vieni..”. Certo, risposi, io e Santarini in coppia abbiamo già vinto un Europeo con la Under 17. E lui: “Bravi”».
Io al primo che mi scrive 11 partite di questa stagione tra Campionato e Europa League in cui Paredes gioca almeno un tempo da 6,5 a salire offro una cena con facoltà di scegliersi il ristorante
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Re: Aneddoti vari
Il famoso debutto nella Roma a Varese, con le
gambe a “ics”, davanti al dirigente Vitali.
«Una grande emozione. Liedholm mezzora prima mi dice: “Penzo, oggi gioca lei”. Ero un ragazzo e lui mi dava del lei, un signore. Finì 0-0. C’erano De Sisti, Prati, Rocca, Di Bartolomei. Bella soddisfazione: l’anno prima ero in Quarta Serie con la Romulea»
gambe a “ics”, davanti al dirigente Vitali.
«Una grande emozione. Liedholm mezzora prima mi dice: “Penzo, oggi gioca lei”. Ero un ragazzo e lui mi dava del lei, un signore. Finì 0-0. C’erano De Sisti, Prati, Rocca, Di Bartolomei. Bella soddisfazione: l’anno prima ero in Quarta Serie con la Romulea»
Io al primo che mi scrive 11 partite di questa stagione tra Campionato e Europa League in cui Paredes gioca almeno un tempo da 6,5 a salire offro una cena con facoltà di scegliersi il ristorante
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Re: Aneddoti vari
Dario Canovi, storico procuratore, ha parlato a TMW Radio durante il programma Storie di Calcio. Ecco uno stralcio delle sue dichiarazioni:
Aneddoti da raccontare nella sua carriera?
“Ho intrapreso questo percorso ormai 50 anni fa. I primi calciatori che ho rappresentato erano Montesi, D’Amico e Viola.
Montesi era il più particolare, era di estrema sinistra e raccontò il primo calcio scommesse da cui nacque il grande scandalo del processo.
La trattativa più difficile della mia carriera è stata sicuramente il contratto di Falcao con Viola.
Lui aveva praticamente già firmato con l’Inter, intervenne Andreotti in prima persona per risolvere il problema. Il contratto lo firmammo addirittura nello studio di Andreotti a Piazza del Parlamento. Era presente anche il segretario della camera di commercio italo-brasiliano, un amico di Andreotti che attraverso lui convinse Falcao che rimase alla Roma. Il brasiliano aveva già firmato il contratto con l’Inter, Mazzola stava andando a depositare il contratto di Falcao a Milano in Lega. All’epoca non c’erano i telefonini, si fermò a un telefono pubblico per telefonare al presidente Fraizzoli che lo fermò, dicendogli di passare a casa sua perché doveva parlargli. Fraizzoli spiegò a Mazzola che aveva ricevuto una telefonata da Viola e che non si poteva più depositare il contratto di Falcao”.
Cosa accadde con Cerezo?
“Con Cerezo mi vengono in mente i problemi che ebbe con Viola. Gli fu promesso il rinnovo di contratto, poi arrivò Eriksson che voleva Berggreen e Viola rinunciò a Cerezo non rinnovandogli il contratto. Ci fu una discussione animata in spogliatoio di cui Cerezo si pentì, trattò male Viola e mi disse di chiamare il presidente perché voleva chiedere scusa a Viola davanti a tutta la sua famiglia. Andò a casa sua e quasi piangeva per chiedere scusa, il giorno dopo lo fece davanti a tutta la squadra e i magazzinieri. Questo è Tonino, poi andammo a firmare un contratto con il Milan nello studio di Galliani, c’era anche Braida. Firmiamo per il Milan, ma Liedholm decise di non prenderlo perché il Milan aveva il centravanti Hateley e c’era anche Wilkins. Per prendere Cerezo i rossoneri dovevano cedere Wilkins, se fosse partito si sarebbe rattristato Hateley e per questo rinunciarono al contratto. Ho ancora il telegramma con cui il Milan risolse il contratto".
L'amore è qualcosa di non soggetto a condizioni, limiti o bisogni.
Poiché è incondizionato non richiede nulla per poter essere espresso, non vuole nulla in cambio e non fa nulla per vendetta.
Poiché è senza limiti, non impone limiti agli altri.
Poiché è privo di bisogni, non cerca di prendere nulla che non sia dato liberamente.
Ed è libero. L'amore è libertà, perché la libertà è l'essenza di Dio e l'amore è la Sua espressione.
N.D.Walsch
Poiché è incondizionato non richiede nulla per poter essere espresso, non vuole nulla in cambio e non fa nulla per vendetta.
Poiché è senza limiti, non impone limiti agli altri.
Poiché è privo di bisogni, non cerca di prendere nulla che non sia dato liberamente.
Ed è libero. L'amore è libertà, perché la libertà è l'essenza di Dio e l'amore è la Sua espressione.
N.D.Walsch