Potrà sembrare un'affermazione da megalomane, ma sono sicuro che nessuno più di me potrebbe cambiare le cose alla Roma.
Dopo anni di attenta analisi ho capito quali sono i veri problemi e le difficoltà che non ci permettono di uscire dal pantano.
In primis c'è una bussola abbastanza affidabile da impiegare: se una decisione è impopolare e provoca le proteste dei tifosi, al 90% è giusta. Il grosso del tifo della Roma è umorale, irrazionale, disgustosamente romantico. Va completamente ignorato. Tanto il tempo è galantuomo: se sei intelligente e fai le scelte giuste, chiunque si ricrederà sul tuo operato e le critiche si trasformeranno in elogi. Al contrario, se scegli male solo per blandire il tuo pubblico, un universo di sventure ti aspetta. Non bisogna essere schiavi del pubblico, ma condurlo.
Ogni piano d'azione deve prendere le mosse da una valutazione sincera della posizione di partenza rapportata all'obiettivo che si desidera raggiungere. I dirigenti devono fare autocritica e capire cos'è la Roma oggi: 1) una società piena di debiti, in costante perdita, ostaggio del mercato, della piazza e dei suoi giocatori più quotati; 2) una società che manca completamente di una disciplina interna accettabile, dove il lassismo regna sovrano e solo pochi comparti (vedi quello guidato da Paul Rogers) funzionano; 3) dal punto di vista sportivo, una tappa intermedia nella carriera di un calciatore di livello alto o altissimo.
Il primo passo deve essere quello del
risanamento finanziario, su questo non ci sono dubbi. Non concordo con chi dice che nel calcio il management conta poco perché sono proprio le scelte del management a influenzare la situazione economica e quindi la salute della società. Quest'ultima è determinante se si vuole provare a scalare qualche gradino. È chiaro che una società competente, puntando solo sulle proprie idee, non potrà mai colmare le distanze che separano la Roma dal Real Madrid o anche semplicemente dalla Juve. Ma l'obiettivo non deve e non può essere questo, magari fossimo già a quel punto. L'obiettivo deve essere, molto più umilmente, diventare quello che non siamo: una società che è in grado di programmare a lungo termine, non più ostaggio dei suoi stessi dipendenti, non più sotto botta di chiunque, una società rispettata nella quale o si lavora o si va a casa. Una volta ottenuto questo risultato, saremo a metà dell'opera e potremo pensare al resto, programmando in modo certosino dei tentativi di crescita ulteriore. Per quanto concerne le entrate, dobbiamo, contemporaneamente: 1) sfruttare nel miglior modo possibile le risorse a disposizione, stando attenti anche al centesimo, 2) tentare di aumentarle, puntando sullo stadio, che chiaramente va fatto, ma non solo.
Per sfruttare al massimo le risorse già a disposizione, i rami secchi vanno tagliati. Via dunque tutti i giocatori sopra una certa età e sopra un certo stipendio (Nainggolan, De Rossi e compagnia) e/o gente non motivata. Bisogna poi introdurre un tetto salariale per fasce d'età: fino ai 22 massimo un milione, dai 22 ai 25 2,5 e via dicendo. Chiunque faccia richieste di aumento non compatibili con la policy societaria sugli stipendi andrà venduto il prima possibile. In ultimo, è necessario condurre attente valutazioni psicologiche sui giocatori in rosa e sui potenziali acquisti: chiunque si dimostri interessato solo alla bella vita e non ossessionato dalla propria crescita personale e dai risultati della squadra va allontanato o non acquistato. Se fortissimo, può essere preso a patto che, raggiunto il picco delle prestazioni, lo si venda il giorno dopo al migliore offerente senza fornire alcuna spiegazione o scatenare le radio amiche. Questa politica dovrebbe permetterci di risistemare in 2-3 anni il monte stipendi, rendendolo compatibile col livello dei ricavi, che magari nel frattempo potrebbe anche essere leggermente cresciuto tra nuovo accordo TV e, si spera, sponsor di maglia. Chiaramente, non è che alle prime avvisaglie di un miglioramento puoi ricominciare a fare come prima. Tutt'altro. Il successo della strategia sta proprio nel rimanere sempre sul pezzo, facendo piccoli passi, in modo da risanare le finanze e cominciare a chiudere in attivo i bilanci. Con i conti a posto, acquisisci potere contrattuale perché non devi più fare i salti mortali per raccattare soldi prima del 30 giugno. Questo significa che, se sei riuscito a scoprire il Salah di turno, puoi permetterti di tenerlo ancora una stagione o, alternativamente, di ottenere molto di più dalla sua cessione. Come vedete già così si innescherebbe un piccolo circolo virtuoso. È chiaro che questa strategia di contenimento dei costi potrebbe significare, nel breve periodo, la non qualificazione alla CL. Ma è un prezzo che vale la pena pagare per rientrarci in futuro senza doversi andare a prostituire causa debiti. Non è poi da escludere che, data la situazione italiana e i quattro posti CL, non si possa, con una squadra di giovani disciplinata e ben guidata, centrare l'obiettivo Europa anche a fronte di una forte riduzione dei costi.
Nei primi anni gli utili se ne andrebbero quasi completamente in pagamenti a Goldman Sachs, ma poi le cose comincerebbero a cambiare, magari proprio in corrispondenza con l'apertura dello stadio. Da lì, sempre con la massima attenzione, riparti. I primi profitti "liberi" li usi per accantonare riserve e investire in due settori vitali: settore giovanile e scouting.
Struttura della società: via Baldini, via Baldissoni, rimane Monchi con staff rinforzato e un mandato semplice quanto preciso: buy low, sell high. Accanto a lui, Gandini a curare il settore rapporti istituzionali (lega, federazione, UEFA, FIFA)/diritti TV e un amministratore delegato vero, un uomo che sappia di conti, bilanci, investimenti internazionali. Al di sopra di tutti il famoso presidente operativo, una figura di altissimo prestigio e grande competenza, rispettata nel mondo calcistico e abituata a lavorare in contesti vincenti e seri. Può essere Capello.
Comunicazione: radicale ristrutturazione degli house organ e licenziamento di chiunque provenga dal mondo delle radio. Stretta sulla comunicazione social dei giocatori con regole ferree. In caso di violazione, multe pesanti. Profilo basso da tenere ovunque e in ogni caso. Davanti alle telecamere vanno solo il presidente e l'allenatore. Ogni mattina, l'ufficio stampa prepara un dossier relativo ai temi dibattuti dai media e fornisce indicazioni precise ad ogni tesserato su come esprimersi in caso di intervista o sui social. Chi si discosta dalle linee guida viene stangato. Taglio netto di ogni legame commerciale con quotidiani sportivi. Totale cambio di marcia nell'uso dei social: una volta al mese il presidente o chi per lui si presenta su YouTube/FB/Twitter/Instagram/Roma TV e, con un video di dieci minuti, esprime la posizione ufficiale della società sul momento della squadra e/o su eventuali polemiche, attacchi e follie dell'etere, smentendo le affermazioni da querela e presentando con chiarezza i piani futuri qualora rivelabili. L'obiettivo è diventare protagonisti dell'informazione, orientandola e non subendola.
Guida tecnica, allenamenti e gestione della rosa: Di Francesco non va bene. È un tecnico che non sa far rendere al massimo il materiale che ha e che non cuce l'abito su misura. Una Roma come quella descritta sopra ha bisogno di un sarto abilissimo che sappia coniugare i principi di gioco moderni con la sapienza antica dei tecnici italiani. L'allenatore ideale della Roma che ho in mente è un grande tattico e soprattutto un addestratore eccellente, uno che sa insegnare calcio e far crescere i giocatori. Il carisma deve essere almeno buono, la capacità di ragionare freddamente sotto pressione straordinaria, mentre l'abitudine a gestire grandi spogliatoi in un primo momento può mancare, visto che si ritroverebbe a lavorare con dei giovani affamati in un contesto di totale disciplina. Con la crescita della squadra e della società, anche questa abilità diverrà fondamentale. Gli allenamenti devono essere gestiti nel modo più professionale possibile da tutti i giocatori e dallo staff, non sono ammessi ritardi o esoneri. Bisogna analizzare il problema dei tour estivi. In un primo tempo, sarebbe secondo me necessario abbandonarli per concentrarsi maggiormente sulla costruzione del gruppo, l'apprendimento delle tattiche e la preparazione fisica. Quando la situazione tecnica e finanziaria migliorerà, potrebbero essere reintrodotti, ma sempre cum grano salis. Dobbiamo poi ricostruire lo staff tecnico assicurandoci i migliori professionisti sul mercato: medici, preparatori, fisioterapisti, ortopedici, nutrizionisti, psicologi. La società deve avere un suo gruppo di lavoro che si occupi di tutti gli aspetti tecnici collegati alla prestazione sportiva. Ogni allenatore nuovo porterà al massimo 3-4 uomini di fiducia che dovranno confrontarsi con quelli della società. Va creato un ufficio logistico trasferimenti che si occupi, per ogni nuovo acquisto, di individuare una strategia precisa di ambientamento e della sua implementazione: ricerca alloggi, pratiche burocratiche, iscrizione figli a scuola e, per gli stranieri, lezioni intensive di italiano da sostenersi dopo gli allenamenti. Il messaggio deve essere: "Vieni qui e pensiamo a tutto noi, tu concentrati solo sul campo e sulla squadra. Ma attento: appena sbagli paghi". In ultimo, bisogna realizzare, nei limiti del rispetto della privacy e della legalità, un monitoraggio segreto della vita privata dei calciatori per raccogliere informazioni e intervenire in tempo qualora si manifestassero comportamenti in grado di mettere a repentaglio le prestazioni sportive. Il ragionamento "Se in campo rendi non mi interessa cosa fai fuori" viene sostituito da "Se, nonostante i comportamenti posti in atto fuori, dentro il campo riesci a rendere, ti stango o ti vendo lo stesso perché senza quei comportamenti potresti darmi ancora di più e, in maniera poco professionale, non lo fai".
Politica sportiva: appoggio totale ai movimenti di riforma. Obiettivi principali una nuova governance della Lega che spazzi via la tirannia assembleare, le squadre B, una gestione equa e moderna ispirata a quella delle grandi leghe europee.
Investimenti collaterali: riprenderei il famoso progetto dei club satelliti per controllare quanti più giocatori possibile ed eludere talune regole sui tesseramenti. Valuterei acquisizioni di squadre minori in Portogallo, Olanda, Croazia, Sud America, Polonia, perfino Turchia. A ogni passo avanti in termini finanziari corrisponderebbe un allargamento del network. Qualora divenisse possibile creare le squadre B, investirei per portare la Roma B in cadetteria il prima possibile, facendone il fiore all’occhiello e il punto d’arrivo di tutto il settore giovanile e del sistema dei satelliti. Nel tempo, il settore giovanile e i club collegati dovranno arrivare a produrre un numero annuo considerevole di giocatori già pronti per la prima squadra. In base alle esigenze, li si integrerà o rivenderà. Crerei anche la Roma femminile.
Internet: continuare il lavoro attuale e destinare al settore sempre nuove risorse man mano che diventa possibile.
Non so che risultati saremmo in grado di raggiungere in questo modo. So solo che, nel giro di qualche anno, avremmo una società finanziariamente stabile e in salute, perfettamente disciplinata, capace di programmare a lungo termine, non più schiava del mercato, del pubblico o dei suoi giocatori, competente, moderna, professionale. Essa sarebbe una meta ambita per qualsiasi giovane di valore desideroso di mettersi in mostra su grandi palcoscenici e si segnalerebbe in Italia e in Europa per la sua organizzazione perfetta. Tutto questo ci permetterebbe finalmente di iniziare a crescere e, ve lo assicuro, produrrebbe degli effetti positivi enormi sulla parte sportiva: non vedremmo più prestazioni inspiegabili e indecorose, periodi di totale confusione, sconfitte contro avversari enormemente più deboli. Io sarei contento già così, perché tiferei per una squadra moderna e organizzata che nessuno potrebbe permettersi di prendere in giro. Il resto dipenderebbe dalle vittorie e dall’ulteriore circolo virtuoso innescato dello stadio.