Diritti televisivi
Re: Diritti TV
fino a che anno sono "bloccati" i soldi dei diritti?
edit:non penso potessero bloccare soldi che ancora non si sapeva quanti fossero e che dovevano ancora essere trattati ,questo e' un nuovo contratto,sbaglio?
edit:non penso potessero bloccare soldi che ancora non si sapeva quanti fossero e che dovevano ancora essere trattati ,questo e' un nuovo contratto,sbaglio?
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Re: Diritti TV
ma i soldi champion's sono disponibili anche se arrivi 3° o devi passare i preliminari prima?
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Re: Diritti TV
devi passare i preliminari,ma ovviamente sono di piu' perche' si dividono solo in 3,c'e chi dice 30 chi 40 mil.lele92 ha scritto:ma i soldi champion's sono disponibili anche se arrivi 3° o devi passare i preliminari prima?
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Re: Diritti TV
Pallotta e Agnelli, il patto
IL TEMPO - Sono lontani i tempi in cui ci si scandalizzava per un caffè sorseggiato insieme al nemico. Era il 2004 quando in Campidoglio Rosella Sensi si mise a tavola con l’allora Ad juventino Antonio Giraudo, grazie al mediatore Walter Veltroni, per cancellare l’antica rivalità in virtù di nuove convenienze. Fu l’inizio della fine della prima Roma di Franco Baldini, lui fiero antagonista di Moggi a cui fu costretto a vendere Emerson proprio in quell’estate, e la prima mossa della presidentessa in pectore sgradita alla piazza.
Adesso è James Pallotta a stringere la mano al padrone bianconero, l’erede della lunga dinastia Agnelli: lunedì scorso il presidente romanista, prima di ripartire il giorno dopo per gli States, ha pranzato con Andrea nella Capitale. Pallotta, accompagnato dal direttore generale Mauro Baldissoni, ha voluto conoscere il boss juventino, spalleggiato dall’addetto alle relazioni esterne Claudio Albanese, in modo più approfondito di quanto fosse successo lo scorso maggio. Pallotta e Agnelli si erano incrociati in un «workshop» dei presidenti a Milano e si erano già scambiati qualche idea su come rinnovare il calcio italiano in crisi. Stavolta hanno avuto più tempo per confrontarsi a fondo sulle varie questioni in ballo.
Agnelli è il principale oppositore in Lega, dove da qualche tempo se la comanda la «cricca» guidata da Galliani e Lotito. La Roma fa invece parte delle sei sorelle ribelli insieme a Juventus, Inter, Fiorentina, Sampdoria e Sassuolo, con il ruolo del Napoli potenziale alleato. Proprio ieri De Laurentiis è tornato a chiedere «un campionato italiano a 16 squadre e una grande Coppa d’Europa con le migliori 5 di tutti i paesi. Tutti sembrano felici di guadagnare 40 milioni a stagione con la Champions ma io ne voglio 150-200».
Agnelli il suo grido d’allarme lo aveva già lanciato. «Mentre i campionati dei Paesi più evoluti evidenziano incrementi di ricavi, collettivi e individuali, nonché di competitività sportiva - ha scritto il numero 1 bianconero in una lettera ai suoi azionisti - la Lega di Serie A, rimane immobile in una terra di mezzo che rischia di essere spazzata via». Concetti condivisi dalla proprietà americana della Roma, che ben conosce i modelli vincenti di gestione sportiva come quello della ricchissima Nba di basket.
Mentre Pallotta e Agnelli ne discutevano davanti a un piatto di pasta, a Milano lo stesso giorno si consumava l’ennesima riunione infuocata su diritti tv, il tema attuale di scontro in Lega. I club hanno un mese di tempo per decidere se accettare l’offerta dell’advisor Infront di 5,49 miliardi garantiti per i prossimi sei anni. C’è da scommettere che Agnelli guidi il fronte del «no» per iniziare una nuova strada. Con Pallotta a sostegno.
IL TEMPO - Sono lontani i tempi in cui ci si scandalizzava per un caffè sorseggiato insieme al nemico. Era il 2004 quando in Campidoglio Rosella Sensi si mise a tavola con l’allora Ad juventino Antonio Giraudo, grazie al mediatore Walter Veltroni, per cancellare l’antica rivalità in virtù di nuove convenienze. Fu l’inizio della fine della prima Roma di Franco Baldini, lui fiero antagonista di Moggi a cui fu costretto a vendere Emerson proprio in quell’estate, e la prima mossa della presidentessa in pectore sgradita alla piazza.
Adesso è James Pallotta a stringere la mano al padrone bianconero, l’erede della lunga dinastia Agnelli: lunedì scorso il presidente romanista, prima di ripartire il giorno dopo per gli States, ha pranzato con Andrea nella Capitale. Pallotta, accompagnato dal direttore generale Mauro Baldissoni, ha voluto conoscere il boss juventino, spalleggiato dall’addetto alle relazioni esterne Claudio Albanese, in modo più approfondito di quanto fosse successo lo scorso maggio. Pallotta e Agnelli si erano incrociati in un «workshop» dei presidenti a Milano e si erano già scambiati qualche idea su come rinnovare il calcio italiano in crisi. Stavolta hanno avuto più tempo per confrontarsi a fondo sulle varie questioni in ballo.
Agnelli è il principale oppositore in Lega, dove da qualche tempo se la comanda la «cricca» guidata da Galliani e Lotito. La Roma fa invece parte delle sei sorelle ribelli insieme a Juventus, Inter, Fiorentina, Sampdoria e Sassuolo, con il ruolo del Napoli potenziale alleato. Proprio ieri De Laurentiis è tornato a chiedere «un campionato italiano a 16 squadre e una grande Coppa d’Europa con le migliori 5 di tutti i paesi. Tutti sembrano felici di guadagnare 40 milioni a stagione con la Champions ma io ne voglio 150-200».
Agnelli il suo grido d’allarme lo aveva già lanciato. «Mentre i campionati dei Paesi più evoluti evidenziano incrementi di ricavi, collettivi e individuali, nonché di competitività sportiva - ha scritto il numero 1 bianconero in una lettera ai suoi azionisti - la Lega di Serie A, rimane immobile in una terra di mezzo che rischia di essere spazzata via». Concetti condivisi dalla proprietà americana della Roma, che ben conosce i modelli vincenti di gestione sportiva come quello della ricchissima Nba di basket.
Mentre Pallotta e Agnelli ne discutevano davanti a un piatto di pasta, a Milano lo stesso giorno si consumava l’ennesima riunione infuocata su diritti tv, il tema attuale di scontro in Lega. I club hanno un mese di tempo per decidere se accettare l’offerta dell’advisor Infront di 5,49 miliardi garantiti per i prossimi sei anni. C’è da scommettere che Agnelli guidi il fronte del «no» per iniziare una nuova strada. Con Pallotta a sostegno.
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Re: Diritti TV
Alevt86 ha scritto:Pallotta e Agnelli, il patto
IL TEMPO - Sono lontani i tempi in cui ci si scandalizzava per un caffè sorseggiato insieme al nemico. Era il 2004 quando in Campidoglio Rosella Sensi si mise a tavola con l’allora Ad juventino Antonio Giraudo, grazie al mediatore Walter Veltroni, per cancellare l’antica rivalità in virtù di nuove convenienze. Fu l’inizio della fine della prima Roma di Franco Baldini, lui fiero antagonista di Moggi a cui fu costretto a vendere Emerson proprio in quell’estate, e la prima mossa della presidentessa in pectore sgradita alla piazza.
Adesso è James Pallotta a stringere la mano al padrone bianconero, l’erede della lunga dinastia Agnelli: lunedì scorso il presidente romanista, prima di ripartire il giorno dopo per gli States, ha pranzato con Andrea nella Capitale. Pallotta, accompagnato dal direttore generale Mauro Baldissoni, ha voluto conoscere il boss juventino, spalleggiato dall’addetto alle relazioni esterne Claudio Albanese, in modo più approfondito di quanto fosse successo lo scorso maggio. Pallotta e Agnelli si erano incrociati in un «workshop» dei presidenti a Milano e si erano già scambiati qualche idea su come rinnovare il calcio italiano in crisi. Stavolta hanno avuto più tempo per confrontarsi a fondo sulle varie questioni in ballo.
Agnelli è il principale oppositore in Lega, dove da qualche tempo se la comanda la «cricca» guidata da Galliani e Lotito. La Roma fa invece parte delle sei sorelle ribelli insieme a Juventus, Inter, Fiorentina, Sampdoria e Sassuolo, con il ruolo del Napoli potenziale alleato. Proprio ieri De Laurentiis è tornato a chiedere «un campionato italiano a 16 squadre e una grande Coppa d’Europa con le migliori 5 di tutti i paesi. Tutti sembrano felici di guadagnare 40 milioni a stagione con la Champions ma io ne voglio 150-200».
Agnelli il suo grido d’allarme lo aveva già lanciato. «Mentre i campionati dei Paesi più evoluti evidenziano incrementi di ricavi, collettivi e individuali, nonché di competitività sportiva - ha scritto il numero 1 bianconero in una lettera ai suoi azionisti - la Lega di Serie A, rimane immobile in una terra di mezzo che rischia di essere spazzata via». Concetti condivisi dalla proprietà americana della Roma, che ben conosce i modelli vincenti di gestione sportiva come quello della ricchissima Nba di basket.
Mentre Pallotta e Agnelli ne discutevano davanti a un piatto di pasta, a Milano lo stesso giorno si consumava l’ennesima riunione infuocata su diritti tv, il tema attuale di scontro in Lega. I club hanno un mese di tempo per decidere se accettare l’offerta dell’advisor Infront di 5,49 miliardi garantiti per i prossimi sei anni. C’è da scommettere che Agnelli guidi il fronte del «no» per iniziare una nuova strada. Con Pallotta a sostegno.
a quanto è quotato il post su qui-as-roma-libera ??

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Re: Diritti TV
1,01ChiamatoreMascherato ha scritto:
a quanto è quotato il post su qui-as-roma-libera ??

Lo scopo non è comprare giocatori, lo scopo è comprare vittorie, ecco 25 giocatori sottovalutati, un'isola dei giocattoli difettosi, qui dentro c'è una squadra vincente che possiamo permetterci
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Re: Diritti TV
Santiago ha scritto:http://espresso.repubblica.it/inchieste ... a-1.139629
il_noumeno ha scritto: Rettifico, allora si scrive Lega, che si legge Galliani, che si legge, a sua volta, Mediaset.
Bogarelli ha trent'anni di carriera nel Biscione alle spalle. Infront confeziona dei pacchetti pronti per la vendita sulla base di valutazioni di mercato che la Lega deve approvare. Di fatto è come se Mediaset decidesse il prezzo per se stessa e per Sky. So che per uno che vive in un paese con una legge antitrust seria queste cose possono risultare difficili da capire, ma purtroppo stiamo messi così (a meno che Juve, Roma, Viola e qualche altro club dissidente non riescano a far sentire la loro voce).
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Re: Diritti TV
qualcuno c'é stà a magnà troppo!Ma si può dire che in termini di audience, secondo fonti interne alla Lega, il prodotto serie A vale la metà della Premier League. In termini di ricavi vale un ottavo.
Non è l’unico paradosso. Infront ha reso felici i presidenti di serie A con un ricavo per abbonato di 177 euro che è il più alto di Europa.
Lo scopo non è comprare giocatori, lo scopo è comprare vittorie, ecco 25 giocatori sottovalutati, un'isola dei giocattoli difettosi, qui dentro c'è una squadra vincente che possiamo permetterci
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Re: Diritti TV
REPUBBLICA AFFARI & FINANZA (S. CARLI) - La conta è fissata per oggi, lunedì: nella sede milanese della Lega Calcio, la Confindustria della Serie A del pallone. Non è una riunione ufficiale, non si chiuderà con un voto ma servirà per vedere quanti tra manager e presidenti delle 20 squadre del nostro massimo campionato si presenteranno e quanti no. La posta in gioco è il pasticcio dei diritti tv, che stavolta non è solo una transazione commerciale ma è anche il palcoscenico dove si starebbeapparentemente consumando unai nedita divergenza dentro la Real casa di Ancore tra Adriano Galliani, ad del Milan, e le esigenze di Mediaset.
L' appuntamento di oggi è uno snodo cruciale per capire se il tentativo di Infront Media di congelare lo status quo attuale fino al 2021, avrà avuto successo oppure no. La Infront Italia fa capo a Marco Bogarelli, manager con un passato vicino al mondo Fininvest e un presente in Infront Sports & Media,di cui è uno dei 5 membri del board e tale è rimasto anche dopo che la holding svizzera è stata acquisita nel 2011 dal fondo di private equity britannico Bridgepoint che già controlla la Doma, l'organizzatrice e detentrice dei diritti tv di MotoGp e Superbike. In Italia però Infront è un advisor particolare. Non si limita a preparare i pacchetti da offrire alle pay tv e a scrivere un bando di gara (attività che nel resto d'Europa comporta quclahe mese di lavoro un compenso da studio legale, di qualche milione al massimo) ma si è ritagliato un ruolo che accompagna tutta la durata del contratto e per cui riceve un compenso proporzionale agli introiti prodotti per la Lega e che in questi anni di contratto è oscillato tra i 30 e i 40 milioni l'anno. Prende cioè da sola più di una squadra minore della Serie A. In più si fa pagare da 18 squadre su 20 l'organizzazione delle riprese tv negli stadi (solo Juve e Napoli fanno da sole) e da 13 squadre su 20 la commercializzazione di altri diritti legati al marchio.
Tutto questo per dire che il contratto Infront ha un costo che pesa, specie in questi tempi di vacche magre. Adesso alcune squadre (i 7 club "ribelli" sono state definite: ossia Juve, Fiorentina, Roma, Inter, Sampdoria, Verona e Sassuolo) hanno puntato il dito contro la poca trasparenza sulla vendita dei diritti esteri, da cui la Serie A ha incassato una media di 110 milioni l'anno mentre alcune testimonianze indirette (di documenti in Lega non se ne sono visti) parlerebbero di una vendita per un valore complessivo sopra i 200 milioni. Quello che non convince le "ribelli" è un calcolo semplice: va bene che quello italiano non è più il campionato più bello del mondo e che è stato superato, oltre che dagli inglesi, anche dalla Liga spagnola e dalla Bundesliga tedesca, ma questa differenza non può essere di 8 a 1, visto che i 110 milioni italiani vanno confrontati con i circa 900 che la Premier League incassa dalle tv estere, dopo aver incamerato 1,3 miliardi dalla vendita dei diritti in casa, a BSkyB e a Bt.
Nel 2008 la Lega Calcio preferì l'offerta di Infront Italia a quella di concorrenti di peso. Due big della consulenza come Kpmg e Price Waterhouse & Cooper, e un gruppo specializzato in diritti sportivi come l'americana Img. Infront venne preferita perché si era impegnata a garantire un minimo contrattuale annuo di 900 milioni per i diritti italiani, cosa che le altre società non ritennero di poter fare. Di fatto la scorsa estate si è scoperto che la garanzia presentata da Infront Italia altro non era che una lettera di patronage della sua capogruppo. Secondo la Infront un documento valido e bancabile: per ottenere anticipi, per esempio, visto che i club ottengono il controvalore dei diritti diluiti nel corso dell'anno mentre hanno bisogno di risorse a inizio campionato per le campagne acquisti. E di fatto nessuno ha mai messo alla prova il valore della garanzia di Infront perché quando alcuni club hanno effettivamente chiesto anticipi alle banche, hanno portato non il contratto con Infront ma quello con la Lega, che nessuno istituto si è sognato di mettere in dubbio. Ma il vero capolavoro Infront l'ha messo in carniere quando è riuscita a ottenere dalla Lega, due anni fa, di farsi prolungare il contratto fino a tutto il 2016. Ciò vuol dire che non solo la prossima assegnazione triennale, che si terrà l'anno prossimo, ma anche il primo campionato dei tre che si terranno tra 2015 e il 2018 non potranno non essere di sua spettanza. Infront, non contenta, chiede di prolungare la sua esclusiva fino al 2021. Le pay tv vogliono muoversi su contratti pluriennali e quindi non si può certo spacchettare il triennio. Quindi, fino al 2018 Infront è sostanzialmente a posto perché la Lega si è praticamente legata le mani da sola.
Ma allora, da cosa nasce il fermento di queste settimane? Dal timore dei sette club "ribelli" che la situazione resti bloccata per ben otto anni e che le cose non possano andare bene come fino ad oggi. Finora la tv ha pagato al calcio italiano un miliardo di euro l'anno. Cifra che ne fa uno dei campionati più cari che ci sia in circolazione. Andrea Zappia, ad di Sky Italia, lo dice a chiare lettere da tempo: la Serie A vale da sola ben oltre la metà di tutti i diritti sportivi nel bilancio del suo gruppo, Formula 1 compresa. E ha già fatto sapere che l'attuale divisione di prezzo tra la pay tv satellitare e quella "terrestre" di Mediaset non può più continuare oltre il campionato 2014-2015, quando scadrà l'attuale contratto. Sky paga infatti 570 milioni di euro l'anno per tutte e 380 le partite di Serie A. Mediaset ne paga quest'anno 270, meno della metà. Una differenza che ha due giustificazioni: le partite sono una cinquantina in meno (ma i big match e i derby ci sono tutti) e il contratto risale a prima dello switch off del digitale terrestre, quando la copertura era ridotta.
Condizioni dunque non più replicabili. Gli interessi di Sky e Mediaset, tanto per cambiare, divergono anche qui. Zappia ha più volte dichiarato che non è disposto a pagare la stessa cifra in queste condizioni, ma ha fatto capire che potrebbe invece anche alzare la posta a patto di avere delle esclusive: un modello simile a quello inglese in cui non solo non si vendono tutte le partite di campionato, ma si creano pacchetti diversi. E ha fatto balenare ai club, affamati di soldi, che la attuale divisione per piattaforme separate, terrestre e satellite, non mette in competizione tra di loro i due unici offerenti (Sky e Mediaset, appunto). Una competizione che darebbe vantaggi sia al vincitore, che sarebbe l'unico ad offrire una determinata partita, sia alle squadre che massimizzerebbero gli introiti. Mediaset invece punta a mantenere le cose così come stanno. E si trova in singolare sintonia con Infront che ha chiesto il secondo prolungamento di contratto sempre su questa stessa base. Ma se il meccanismo dovesse restare così com'è, le uniche due voci che potrebbero aumentare sostanzialmente sono solo i diritti esteri e quelli sul digitale terrestre.
La Lega e il suo presidente Maurizio Beretta sono in difficoltà. Alle prime proteste di Sky ha minacciato di non vendere più i diritti ma di gestirli in proprio creando una pay tv tutta sua: d'altra parte le riprese le fa già la stessa lnfront. Ma le riprese sono il meno: si tratta di scegliere un sistema di codifica, una piattaforma in grado di gestire il segnale verso reti diverse (satellite, terrestre, Internet, cellulari etavolette), serve un sistema di billing e di gestione abbonati. E tante spese di marketing. Insomma, si può fare ma non è detto che sia redditiva. Se non altro, non certo nei primi anni. E infatti l'ipotesi sarebbe già tramontata. Tra dirigenti e manager dei club lo si dà per certo, come pure che le stesso Galliani avrebbe frenato. Certo, per Mediaset poteva essere una buona soluzione: avrebbe potuto inserirla nel suo pacchetto pay Premium e sostenere così il numero degli abbonati. Con meno margini ma anche con meno costi, guadagnando così tempo in attesa di capire cosa fare dei suoi canali pay. Sarebbe anche stato un modo per uscire dalla competizione diretta con Sky a testa alta, senza dover affrontare lo scontro diretto in un'astaa due per i diritti. Ma evidentemente il prezzo di una soluzione del genere finirebbe pergravare sulla Lega stessa e quindi sulle squadre. E questo calcolo evidentemente gira.
Al momento i sette "ribelli" sembrano compatti. Sono una minoranza, ma una minoranza "qualificata" (ci sono dentro Roma e Inter, i due club a proprietà straniera, più sensibile ai conti e meno alla politica, si suppone) e non aggirabile, visto che le altre 13 squadre non hanno i numeri per far passare delle decisioni (la maggioranza è di 14). Senza contare che Napoli, Chievo, Udinese, forse perfino il Torino di Urbano Cairo, fresco patron di La7, potrebbero ingrossare le fila della protesta.
L' appuntamento di oggi è uno snodo cruciale per capire se il tentativo di Infront Media di congelare lo status quo attuale fino al 2021, avrà avuto successo oppure no. La Infront Italia fa capo a Marco Bogarelli, manager con un passato vicino al mondo Fininvest e un presente in Infront Sports & Media,di cui è uno dei 5 membri del board e tale è rimasto anche dopo che la holding svizzera è stata acquisita nel 2011 dal fondo di private equity britannico Bridgepoint che già controlla la Doma, l'organizzatrice e detentrice dei diritti tv di MotoGp e Superbike. In Italia però Infront è un advisor particolare. Non si limita a preparare i pacchetti da offrire alle pay tv e a scrivere un bando di gara (attività che nel resto d'Europa comporta quclahe mese di lavoro un compenso da studio legale, di qualche milione al massimo) ma si è ritagliato un ruolo che accompagna tutta la durata del contratto e per cui riceve un compenso proporzionale agli introiti prodotti per la Lega e che in questi anni di contratto è oscillato tra i 30 e i 40 milioni l'anno. Prende cioè da sola più di una squadra minore della Serie A. In più si fa pagare da 18 squadre su 20 l'organizzazione delle riprese tv negli stadi (solo Juve e Napoli fanno da sole) e da 13 squadre su 20 la commercializzazione di altri diritti legati al marchio.
Tutto questo per dire che il contratto Infront ha un costo che pesa, specie in questi tempi di vacche magre. Adesso alcune squadre (i 7 club "ribelli" sono state definite: ossia Juve, Fiorentina, Roma, Inter, Sampdoria, Verona e Sassuolo) hanno puntato il dito contro la poca trasparenza sulla vendita dei diritti esteri, da cui la Serie A ha incassato una media di 110 milioni l'anno mentre alcune testimonianze indirette (di documenti in Lega non se ne sono visti) parlerebbero di una vendita per un valore complessivo sopra i 200 milioni. Quello che non convince le "ribelli" è un calcolo semplice: va bene che quello italiano non è più il campionato più bello del mondo e che è stato superato, oltre che dagli inglesi, anche dalla Liga spagnola e dalla Bundesliga tedesca, ma questa differenza non può essere di 8 a 1, visto che i 110 milioni italiani vanno confrontati con i circa 900 che la Premier League incassa dalle tv estere, dopo aver incamerato 1,3 miliardi dalla vendita dei diritti in casa, a BSkyB e a Bt.
Nel 2008 la Lega Calcio preferì l'offerta di Infront Italia a quella di concorrenti di peso. Due big della consulenza come Kpmg e Price Waterhouse & Cooper, e un gruppo specializzato in diritti sportivi come l'americana Img. Infront venne preferita perché si era impegnata a garantire un minimo contrattuale annuo di 900 milioni per i diritti italiani, cosa che le altre società non ritennero di poter fare. Di fatto la scorsa estate si è scoperto che la garanzia presentata da Infront Italia altro non era che una lettera di patronage della sua capogruppo. Secondo la Infront un documento valido e bancabile: per ottenere anticipi, per esempio, visto che i club ottengono il controvalore dei diritti diluiti nel corso dell'anno mentre hanno bisogno di risorse a inizio campionato per le campagne acquisti. E di fatto nessuno ha mai messo alla prova il valore della garanzia di Infront perché quando alcuni club hanno effettivamente chiesto anticipi alle banche, hanno portato non il contratto con Infront ma quello con la Lega, che nessuno istituto si è sognato di mettere in dubbio. Ma il vero capolavoro Infront l'ha messo in carniere quando è riuscita a ottenere dalla Lega, due anni fa, di farsi prolungare il contratto fino a tutto il 2016. Ciò vuol dire che non solo la prossima assegnazione triennale, che si terrà l'anno prossimo, ma anche il primo campionato dei tre che si terranno tra 2015 e il 2018 non potranno non essere di sua spettanza. Infront, non contenta, chiede di prolungare la sua esclusiva fino al 2021. Le pay tv vogliono muoversi su contratti pluriennali e quindi non si può certo spacchettare il triennio. Quindi, fino al 2018 Infront è sostanzialmente a posto perché la Lega si è praticamente legata le mani da sola.
Ma allora, da cosa nasce il fermento di queste settimane? Dal timore dei sette club "ribelli" che la situazione resti bloccata per ben otto anni e che le cose non possano andare bene come fino ad oggi. Finora la tv ha pagato al calcio italiano un miliardo di euro l'anno. Cifra che ne fa uno dei campionati più cari che ci sia in circolazione. Andrea Zappia, ad di Sky Italia, lo dice a chiare lettere da tempo: la Serie A vale da sola ben oltre la metà di tutti i diritti sportivi nel bilancio del suo gruppo, Formula 1 compresa. E ha già fatto sapere che l'attuale divisione di prezzo tra la pay tv satellitare e quella "terrestre" di Mediaset non può più continuare oltre il campionato 2014-2015, quando scadrà l'attuale contratto. Sky paga infatti 570 milioni di euro l'anno per tutte e 380 le partite di Serie A. Mediaset ne paga quest'anno 270, meno della metà. Una differenza che ha due giustificazioni: le partite sono una cinquantina in meno (ma i big match e i derby ci sono tutti) e il contratto risale a prima dello switch off del digitale terrestre, quando la copertura era ridotta.
Condizioni dunque non più replicabili. Gli interessi di Sky e Mediaset, tanto per cambiare, divergono anche qui. Zappia ha più volte dichiarato che non è disposto a pagare la stessa cifra in queste condizioni, ma ha fatto capire che potrebbe invece anche alzare la posta a patto di avere delle esclusive: un modello simile a quello inglese in cui non solo non si vendono tutte le partite di campionato, ma si creano pacchetti diversi. E ha fatto balenare ai club, affamati di soldi, che la attuale divisione per piattaforme separate, terrestre e satellite, non mette in competizione tra di loro i due unici offerenti (Sky e Mediaset, appunto). Una competizione che darebbe vantaggi sia al vincitore, che sarebbe l'unico ad offrire una determinata partita, sia alle squadre che massimizzerebbero gli introiti. Mediaset invece punta a mantenere le cose così come stanno. E si trova in singolare sintonia con Infront che ha chiesto il secondo prolungamento di contratto sempre su questa stessa base. Ma se il meccanismo dovesse restare così com'è, le uniche due voci che potrebbero aumentare sostanzialmente sono solo i diritti esteri e quelli sul digitale terrestre.
La Lega e il suo presidente Maurizio Beretta sono in difficoltà. Alle prime proteste di Sky ha minacciato di non vendere più i diritti ma di gestirli in proprio creando una pay tv tutta sua: d'altra parte le riprese le fa già la stessa lnfront. Ma le riprese sono il meno: si tratta di scegliere un sistema di codifica, una piattaforma in grado di gestire il segnale verso reti diverse (satellite, terrestre, Internet, cellulari etavolette), serve un sistema di billing e di gestione abbonati. E tante spese di marketing. Insomma, si può fare ma non è detto che sia redditiva. Se non altro, non certo nei primi anni. E infatti l'ipotesi sarebbe già tramontata. Tra dirigenti e manager dei club lo si dà per certo, come pure che le stesso Galliani avrebbe frenato. Certo, per Mediaset poteva essere una buona soluzione: avrebbe potuto inserirla nel suo pacchetto pay Premium e sostenere così il numero degli abbonati. Con meno margini ma anche con meno costi, guadagnando così tempo in attesa di capire cosa fare dei suoi canali pay. Sarebbe anche stato un modo per uscire dalla competizione diretta con Sky a testa alta, senza dover affrontare lo scontro diretto in un'astaa due per i diritti. Ma evidentemente il prezzo di una soluzione del genere finirebbe pergravare sulla Lega stessa e quindi sulle squadre. E questo calcolo evidentemente gira.
Al momento i sette "ribelli" sembrano compatti. Sono una minoranza, ma una minoranza "qualificata" (ci sono dentro Roma e Inter, i due club a proprietà straniera, più sensibile ai conti e meno alla politica, si suppone) e non aggirabile, visto che le altre 13 squadre non hanno i numeri per far passare delle decisioni (la maggioranza è di 14). Senza contare che Napoli, Chievo, Udinese, forse perfino il Torino di Urbano Cairo, fresco patron di La7, potrebbero ingrossare le fila della protesta.
Non ho capito un ciufolo della vita
paz ha scritto: Poi Danilo ha un qualcosa in più: ha quel tocco macho del bestemmiatore solitario, insomma, di chi non conosce solo le vette ardite dell'intelletto, ma anche la suburra della materialità.
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Re: Diritti TV
vorrei tanto sapere se ci siamo attivati anche noi per renderci autonomi e tagliarli fuori.porcaccia ha scritto:In più si fa pagare da 18 squadre su 20 l'organizzazione delle riprese tv negli stadi (solo Juve e Napoli fanno da sole)
- ds_marco
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Re: Diritti TV
Santiago ha scritto: vorrei tanto sapere se ci siamo attivati anche noi per renderci autonomi e tagliarli fuori.
sicuramente con il nuovo stadio sarà cosi ... adesso boh ...
Lo scopo non è comprare giocatori, lo scopo è comprare vittorie, ecco 25 giocatori sottovalutati, un'isola dei giocattoli difettosi, qui dentro c'è una squadra vincente che possiamo permetterci
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Re: Diritti TV
as_marco ha scritto:
sicuramente con il nuovo stadio sarà cosi ... adesso boh ...
anche perchè Juve e Napoli hanno il proprio stadio,
nel senso che in quello stadio ci giocano solo loro.
Le opinioni dovrebbero essere basate sui fatti
e i fatti non dovrebbero basarsi sulle opinioni
e i fatti non dovrebbero basarsi sulle opinioni
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Re: Diritti TV
433 ha scritto:
anche perchè Juve e Napoli hanno il proprio stadio,
nel senso che in quello stadio ci giocano solo loro.
beh si potrebbe raggiungere un accordo con Lotito ....

se vabbé ahahahahahah



Lo scopo non è comprare giocatori, lo scopo è comprare vittorie, ecco 25 giocatori sottovalutati, un'isola dei giocattoli difettosi, qui dentro c'è una squadra vincente che possiamo permetterci
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Re: Diritti TV
Nuovo colpo di scena nella complessa partita per l'assegnazione dei diritti tv della Serie A. Poche ore fa, alla vigilia della riunione informale dei presidenti in programma a Milano e a pochi giorni dall'assemblea chiamata a decidere sulla proposta presentata da Infront Italy (lunedì 18 novembre) in Lega è stata recapitata "un'offerta spontanea per il ruolo di intermediario indipendente dei diritti tv nazionali e internazionali per il triennio 2015/18 per il campionato, la Coppa Italia e la Supercoppa italiana" da parte di Img Media.
Minimo garantito e compenso. La multinazionale del marketing sportivo e dell'intermediazione dei diritti audiovisivi ha depositato una proposta molto dettagliata che prevede un minimo garantito nel triennio pari a 2,9 miliardi. Il minimo garantito, per la precisione, è pari a 986 milioni per la stagione 2015/16, 993 milioni per la stagione 2016/17 e un miliardo per la stagione 2017/18. In sostanza, Img comprerebbe dalla Lega a questi prezzi i diritti tv e li rivenderebbe agli operatori tv (Sky, Mediaset, Rai) interessati. Il compenso richiesto da Img è invece pari al 15% dei ricavi superiori al minimo garantito stagionale. Questo vuol dire che se per esempio nella stagione 2015/16 si incassassero dalla vendita 1.050 milioni, rispetto al minimo garantito di 986, con un surplus di 64 milioni, alla Lega spetterebbero ulteriori 54,4 milioni (85% del surplus) e ad Img una quota pari al 15%, vale a dire 9,6 milioni. Su un eventuale surplus nel triennio di 200 milioni, perciò, alla Lega andrebbero 170 milioni e a Img 30 milioni. Quindi "Img si impegna a pagare alla Lega Serie A la differenza tra il minimo garantito e i ricavi effettivamente incassati".
La fideiussione. Nella lettera inviata alla Lega dall'Executive Vice President di Img Media Ioris Francini, peraltro, si precisa che "gli oneri di un'eventuale fideiussione bancaria trasferibile di anno in anno (revolver) a copertura degli ultimi 50 milioni di mancati ricavi incassati siano dedotti dai ricavi incassati superiori alla soglia garantita e fino a copertura integrale di detti costi prima che scatti la ripartizione dei ricavi tra Lega Calcio e Img". I costi della fideiussione bancaria, in altre parole, "saranno dedotti dai ricavi superiori al minimo garantito e prima della ripartizione 85/15 in favore della Lega di Serie A".
L'intermediario indipendente. La manifestazione di interesse punta ad aumentare il valore commerciale del massimo campionato di calcio italiano, nonché a promuovere "servizi innovativi nella segmentazione dei diritti e dei mercati", condividendo con la Lega pacchetti e livelli di esclusive nel mercato domestico. Img dunque si candida al ruolo di intermediario indipendente previsto dalla legge Melandri (decreto legislativo 9 del 2008, articoli 2 e 7). L'articolo 2 della "Melandri" definisce in questo modo l'"intermediario indipendente": "il soggetto che svolge attività di intermediazione nel mercato dei diritti audiovisivi sportivi e che non si trovi in una delle situazioni di controllo o collegamento ai sensi dei commi 13, 14 e 15 dell'articolo 43 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, con operatori della comunicazione, con l'organizzatore della competizione e con organizzatori degli eventi, ovvero in una situazione di controllo analogo. Ai fini della presente legge, si ha situazione di controllo analogo quando le offerte dell'intermediario indipendente sono imputabili, sulla base di univoci elementi, ad un unico centro decisionale riferibile a operatori della comunicazione".
La gara pubblica. L'articolo 7, comma 4, prevede che la Lega "al fine di perseguire il miglior risultato nella commercializzazione dei diritti audiovisivi sul mercato nazionale, può individuare, attraverso un'apposita procedura competitiva, un intermediario indipendente a cui concedere in licenza tutti i diritti audiovisivi relativi ad una competizione". La Lega non può procedere all'assegnazione di tutti i diritti audiovisivi all'intermediario indipendente prima che siano decorsi 45 giorni dalla comunicazione all'Antitrust dei risultati e dei criteri adottati nella procedura competitiva. Dovrà essere, perciò, indetta una gara pubblica alla quale "devono essere invitati a partecipare tutti gli intermediari indipendenti che ne abbiano fatto richiesta".
Infront Italy. Bisognerà ora capire come sarà accolta dai 20 presidenti dei club questa proposta, ricordando appunto che Infront Italy, advisor della Lega fino al giugno 2016, attende una risposta sull'offerta articolata su sei anni per un ammontare complessivo di minimo garantito di circa 5,5 miliardi, presentata lo scorso 7 ottobre.
Minimo garantito e compenso. La multinazionale del marketing sportivo e dell'intermediazione dei diritti audiovisivi ha depositato una proposta molto dettagliata che prevede un minimo garantito nel triennio pari a 2,9 miliardi. Il minimo garantito, per la precisione, è pari a 986 milioni per la stagione 2015/16, 993 milioni per la stagione 2016/17 e un miliardo per la stagione 2017/18. In sostanza, Img comprerebbe dalla Lega a questi prezzi i diritti tv e li rivenderebbe agli operatori tv (Sky, Mediaset, Rai) interessati. Il compenso richiesto da Img è invece pari al 15% dei ricavi superiori al minimo garantito stagionale. Questo vuol dire che se per esempio nella stagione 2015/16 si incassassero dalla vendita 1.050 milioni, rispetto al minimo garantito di 986, con un surplus di 64 milioni, alla Lega spetterebbero ulteriori 54,4 milioni (85% del surplus) e ad Img una quota pari al 15%, vale a dire 9,6 milioni. Su un eventuale surplus nel triennio di 200 milioni, perciò, alla Lega andrebbero 170 milioni e a Img 30 milioni. Quindi "Img si impegna a pagare alla Lega Serie A la differenza tra il minimo garantito e i ricavi effettivamente incassati".
La fideiussione. Nella lettera inviata alla Lega dall'Executive Vice President di Img Media Ioris Francini, peraltro, si precisa che "gli oneri di un'eventuale fideiussione bancaria trasferibile di anno in anno (revolver) a copertura degli ultimi 50 milioni di mancati ricavi incassati siano dedotti dai ricavi incassati superiori alla soglia garantita e fino a copertura integrale di detti costi prima che scatti la ripartizione dei ricavi tra Lega Calcio e Img". I costi della fideiussione bancaria, in altre parole, "saranno dedotti dai ricavi superiori al minimo garantito e prima della ripartizione 85/15 in favore della Lega di Serie A".
L'intermediario indipendente. La manifestazione di interesse punta ad aumentare il valore commerciale del massimo campionato di calcio italiano, nonché a promuovere "servizi innovativi nella segmentazione dei diritti e dei mercati", condividendo con la Lega pacchetti e livelli di esclusive nel mercato domestico. Img dunque si candida al ruolo di intermediario indipendente previsto dalla legge Melandri (decreto legislativo 9 del 2008, articoli 2 e 7). L'articolo 2 della "Melandri" definisce in questo modo l'"intermediario indipendente": "il soggetto che svolge attività di intermediazione nel mercato dei diritti audiovisivi sportivi e che non si trovi in una delle situazioni di controllo o collegamento ai sensi dei commi 13, 14 e 15 dell'articolo 43 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, con operatori della comunicazione, con l'organizzatore della competizione e con organizzatori degli eventi, ovvero in una situazione di controllo analogo. Ai fini della presente legge, si ha situazione di controllo analogo quando le offerte dell'intermediario indipendente sono imputabili, sulla base di univoci elementi, ad un unico centro decisionale riferibile a operatori della comunicazione".
La gara pubblica. L'articolo 7, comma 4, prevede che la Lega "al fine di perseguire il miglior risultato nella commercializzazione dei diritti audiovisivi sul mercato nazionale, può individuare, attraverso un'apposita procedura competitiva, un intermediario indipendente a cui concedere in licenza tutti i diritti audiovisivi relativi ad una competizione". La Lega non può procedere all'assegnazione di tutti i diritti audiovisivi all'intermediario indipendente prima che siano decorsi 45 giorni dalla comunicazione all'Antitrust dei risultati e dei criteri adottati nella procedura competitiva. Dovrà essere, perciò, indetta una gara pubblica alla quale "devono essere invitati a partecipare tutti gli intermediari indipendenti che ne abbiano fatto richiesta".
Infront Italy. Bisognerà ora capire come sarà accolta dai 20 presidenti dei club questa proposta, ricordando appunto che Infront Italy, advisor della Lega fino al giugno 2016, attende una risposta sull'offerta articolata su sei anni per un ammontare complessivo di minimo garantito di circa 5,5 miliardi, presentata lo scorso 7 ottobre.