o se sposa una delle figlie del presidente!Mardavikia ha scritto: Così rischi che:
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Nico Lopez
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Re: Nico Lopez

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Re: Nico Lopez
io lo manderei in prestito qualche mese dove si è sicuri che possa giocare.
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Re: Nico Lopez
quoto. lo penso anche ioTony Brando ha scritto:io lo manderei in prestito qualche mese dove si è sicuri che possa giocare.
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Re: Nico Lopez
Già. Il Catania lo aveva già chiesto ad agosto.....aLVio. ha scritto: quoto. lo penso anche io
ilmauro ha scritto: non ce capisco un cazzo
postromantico ha scritto: so 'na merda Mattè
'na grande merda.
fidati.
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Re: Nico Lopez
A Catania per me farebbe la riserva a gomez.MarcoDaLatina ha scritto: Già. Il Catania lo aveva già chiesto ad agosto....
Il talento c'e tutto.
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Re: Nico Lopez
per essere titolare dovrebbe scendere un pò più giù di catania... siena?Freedom ha scritto: A Catania per me farebbe la riserva a gomez.
Il talento c'e tutto.
Rispetto al 30/06/2025
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Re: Nico Lopez
Ti sbagli..Siena e' piu su di Catanialele92 ha scritto: per essere titolare dovrebbe scendere un pò più giù di catania... siena?
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Re: Nico Lopez
Freedom ha scritto: Ti sbagli..Siena e' piu su di Catania
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Re: Nico Lopez
altri effetti indesiderati??Mardavikia ha scritto: Così rischi che:
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colorito verde??
A chi infama butta 'N OCCHIO
credi "AR GRILLO" no a "PINOCCHIO"
https://www.youtube.com/watch?v=xxqF9TbWhIc
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"Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo"
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Re: Nico Lopez
Ecco Nico Lopez dopo le "cure" del Milan Labcerbero ha scritto: altri effetti indesiderati??
colorito verde??

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Of everything that stands, the end
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Re: Nico Lopez
Non ci scherzate co' 'ste cose che ieri ho letto "Nel fango del dio pallone" di Petrini e ci sono dei racconti allucinanti: liquidi dal colore indefinibile iniettati prima della partita, giocatori a cui usciva bava verde dalla bocca e che si accasciavano al suolo negli spogliatoi dopo 90 minuti in cui, dopati, erano apparsi inarrestabili. Bleah! Da nausea. Se vi capita di leggere i suoi libri sappiate che è molto crudo e diretto. E, quel che è peggio, non c'è nulla di inventato.
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Re: Nico Lopez
Luke Skywalker ha scritto:Non ci scherzate co' 'ste cose che ieri ho letto "Nel fango del d*o pallone" di Petrini e ci sono dei racconti allucinanti: liquidi dal colore indefinibile iniettati prima della partita, giocatori a cui usciva bava verde dalla bocca e che si accasciavano al suolo negli spogliatoi dopo 90 minuti in cui, dopati, erano apparsi inarrestabili. Bleah! Da nausea. Se vi capita di leggere i suoi libri sappiate che è molto crudo e diretto. E, quel che è peggio, non c'è nulla di inventato.
[...]l'allenatore ci disse: «Ragazzi, oggi state calmi: l'arbitro è con noi». Però gli aiuti arbitrali erano rari, e non potevano fare miracoli. Ma il Genoa aveva proprio bisogno di miracoli.In ritiro, Ghezzi e Viviani incominciarono a parlare della necessità che noi giocatori facessimo delle punture, delle «iniezioni di ricostituenti» per migliorare il nostro rendimento atletico in campo.Prima ci furono degli "esperimenti", anche per dimostrarci che non dovevamo avere paura, non era niente di dannoso. Ghezzi preparava un liquido, se lo faceva iniettare e osservava su di sé le reazioni; a volte modificava la composizione del liquido. Un compagno di squadra mi disse che il nostro allenatore, ex portiere dell'Inter, di quelle "punture" se ne intendeva perché se le erano fatte per tanti anni nella squadra nerazzurra.In tutta questa faccenda c'erano due cose sicure, anzi tre. La prima: il medico del Genoa non ne sapeva niente, queste punture ci venivano fatte di nascosto da lui. La seconda: se qualcuno di noi titolari le avesse rifiutate, avrebbe perso il posto in squadra e avrebbe fatto la figura del vigliacco. E la terza: nessuno di noi giocatori titolari si sognava di rifiutare quelle iniezioni, perché effettivamente non sembravano nocive e aumentavano davvero il nostro rendimento atletico in campo, avevamo più sprint. Ma c'era una quarta cosa sicura, anzi sicurissima: di quella faccenda noi giocatori non ne dovevamo parlare con nessuno, neanche in famiglia, per nessuna ragione, tanto è vero che non ne parlavamo nemmeno fra di noi. Così anche io, senza accorgermene, cominciai a imparare che nel calcio c'erano verità segrete che non si dovevano mai dire.Nel giro di poche settimane quelle "punture ricostituenti" diventarono una regola nello spogliatoio del Genoa. Ce le faceva, durante la settimana, il nostro massaggiatore, Pino Boero, un ex pugile mezzo matto. Faceva finta di giocare agli indiani: le siringhe erano piccole "frecce", e dopo avercele infilate nella chiappa Pino cantava come un indiano davanti al totem. Ricordo che nelle siringhe c'era un liquido rossastro, e che subito dopo l'iniezione bruciava parecchio.Una domenica dei primi mesi del 1967, alla fine di una partita che giocammo a Marassi, rientrando negli spogliatoi vedemmo Giuliano Taccola, la nostra ala destra, che disteso su un lettino nello stanzone dell'infermeria si contorceva pallido come un cadavere. Nessuno di noi pensò alle punture, erano diventate una tale normalità che per noi era come fare i massaggi o la doccia. Taccola morirà tre anni dopo, a 26 anni, e non si saprà bene perché.
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Re: Nico Lopez
Domenica 2 giugno ci aspettava una partita molto delicata, contro il Verona di Nils Liedholm. L'incontro si sarebbe giocato in campo neutro, a Ferrara (il campo dei veronesi era squalificato), ma questo non bastava a renderci tranquilli. I nostri avversari si chiamavano Bui, Maddè, Traspedini: loro si stavano giocando la promozione in serie A, mentre noi rischiavamo seriamente la retrocessione in C. Era una partita decisiva, e noi la giocavamo sull'orlo del burrone. Quel giorno, nel primo pomeriggio, appena arrivammo negli spogliatoi, qualcuno dello staff medico genoano portò un piccolo recipiente di vetro, una bottiglietta simile a quella dell'Orangina. Conteneva un liquido chiaro,attraversato da striature giallo-rosse. L'allenatore disse che era destinato a cinque di noi, scelti in base ai ruoli in campo. Fra i cinque c'ero anch'io.«Per l'antidoping non c'è nessun problema», disse ancora Campatelli, e ci spiegò come avremmo dovuto fare se fossimo stati sorteggiati per l'esame.Capimmo che si trattava di qualcosa di molto più pesante delle "punture" di Ghezzi del precedente Campionato, ma nessuno di noi cinque prescelti fiatò:rifiutare sarebbe stato da vigliacchi, era una specie di sacrificio che facevamo anche nell'interesse della squadra, della società e dei tifosi. Lo facevamo anche per un interesse personale, certo: a me in quel periodo mi tenevano d'occhio il Milan, la Juventus e altre grandi squadre di serie A, in campo dovevo mettermi in mostra a tutti i costi. Io non sarei affondato insieme al Genoa, non volevo riprovare il sapore dell'aringa, e neanche volevo che mia madre tornasse a fare la cameriera.Sdraiati sul lettino a culo all'aria, ci fecero la puntura, un solo ago per tutti e cinque, dopo ogni iniezione la siringa veniva riempita col liquido della boccetta aspirato attraverso l'ago infilato nel tappo di gomma. Poi noi cinque facemmo gli esercizi di riscaldamento con lentezza, come ci aveva raccomandato l'allenatore. Negli stretti corridoi dello stadio di Ferrara, ricordo che a un certo punto cominciò a lievitarmi dentro un'energia bestiale, mi sembrava di scoppiare; avevo l'impressione di essere un gigante, con la testa che toccava il soffitto alto almeno 3 metri.In campo fu come se il mio corpo e la mia energia non avessero più limiti, idem per i miei quattro compagni. Sembravamo cinque indemoniati, un quintetto di invasati con le facce stravolte. A un certo punto, verso la fine della partita,una densa bava verdina cominciò a schiumarmi dalla bocca. Il nostro stato di esaltazione era evidente, e sono sicuro che lo videro tutti, avversari e spettatori. Fatto sta che, soprattutto per la superprestazione di noi cinque dopati, la partita finì in parità, un risultato più utile al Genoa che al Verona.
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Re: Nico Lopez
Perchè non hai letto questo...johmilton ha scritto:
[...]l'allenatore ci disse: «Ragazzi, oggi state calmi: l'arbitro è con noi». Però gli aiuti arbitrali erano rari, e non potevano fare miracoli. Ma il Genoa aveva proprio bisogno di miracoli.In ritiro, Ghezzi e Viviani incominciarono a parlare della necessità che noi giocatori facessimo delle punture, delle «iniezioni di ricostituenti» per migliorare il nostro rendimento atletico in campo.Prima ci furono degli "esperimenti", anche per dimostrarci che non dovevamo avere paura, non era niente di dannoso. Ghezzi preparava un liquido, se lo faceva iniettare e osservava su di sé le reazioni; a volte modificava la composizione del liquido. Un compagno di squadra mi disse che il nostro allenatore, ex portiere dell'Inter, di quelle "punture" se ne intendeva perché se le erano fatte per tanti anni nella squadra nerazzurra.In tutta questa faccenda c'erano due cose sicure, anzi tre. La prima: il medico del Genoa non ne sapeva niente, queste punture ci venivano fatte di nascosto da lui. La seconda: se qualcuno di noi titolari le avesse rifiutate, avrebbe perso il posto in squadra e avrebbe fatto la figura del vigliacco. E la terza: nessuno di noi giocatori titolari si sognava di rifiutare quelle iniezioni, perché effettivamente non sembravano nocive e aumentavano davvero il nostro rendimento atletico in campo, avevamo più sprint. Ma c'era una quarta cosa sicura, anzi sicurissima: di quella faccenda noi giocatori non ne dovevamo parlare con nessuno, neanche in famiglia, per nessuna ragione, tanto è vero che non ne parlavamo nemmeno fra di noi. Così anche io, senza accorgermene, cominciai a imparare che nel calcio c'erano verità segrete che non si dovevano mai dire.Nel giro di poche settimane quelle "punture ricostituenti" diventarono una regola nello spogliatoio del Genoa. Ce le faceva, durante la settimana, il nostro massaggiatore, Pino Boero, un ex pugile mezzo matto. Faceva finta di giocare agli indiani: le siringhe erano piccole "frecce", e dopo avercele infilate nella chiappa Pino cantava come un indiano davanti al totem. Ricordo che nelle siringhe c'era un liquido rossastro, e che subito dopo l'iniezione bruciava parecchio.Una domenica dei primi mesi del 1967, alla fine di una partita che giocammo a Marassi, rientrando negli spogliatoi vedemmo Giuliano Taccola, la nostra ala destra, che disteso su un lettino nello stanzone dell'infermeria si contorceva pallido come un cadavere. Nessuno di noi pensò alle punture, erano diventate una tale normalità che per noi era come fare i massaggi o la doccia. Taccola morirà tre anni dopo, a 26 anni, e non si saprà bene perché.
Quel giorno, nel primo pomeriggio, appena arrivammo negli spogliatoi, qualcuno dello staff medico genoano portò un piccolo recipiente di vetro, una bottiglietta simile a quella dell'Orangina. Conteneva un liquido chiaro, attraversato da striature giallo-rosse. L'allenatore disse che era destinato a cinque di noi, scelti in base ai ruoli in campo. Fra i cinque c'ero anch'io. «Per l'antidoping non c'è nessun problema», disse ancora Campatelli, e ci spiegò come avremmo dovuto fare se fossimo stati sorteggiati per l'esame.
Capimmo che si trattava di qualcosa di molto più pesante delle "punture" di Ghezzi del precedente Campionato, ma nessuno di noi cinque prescelti fiatò: rifiutare sarebbe stato da vigliacchi, era una specie di sacrificio che facevamo anche nell'interesse della squadra, della società e dei tifosi. Lo facevamo anche per un interesse personale, certo: a me in quel periodo mi tenevano d'occhio il Milan, la Juventus e altre grandi squadre di serie A, in campo dovevo mettermi in mostra a tutti i costi. Io non sarei affondato insieme al Genoa, non volevo riprovare il sapore dell'aringa, e neanche volevo che mia madre tornasse a fare la cameriera.
Sdraiati sul lettino a culo all'aria, ci fecero la puntura, un solo ago per tutti e cinque, dopo ogni iniezione la siringa veniva riempita col liquido della boccetta aspirato attraverso l'ago infilato nel tappo di gomma. Poi noi cinque facemmo gli esercizi di riscaldamento con lentezza, come ci aveva raccomandato l'allenatore. Negli stretti corridoi dello stadio di Ferrara, ricordo che a un certo punto cominciò a lievitarmi dentro un'energia bestiale, mi sembrava di scoppiare; avevo l'impressione di essere un gigante, con la testa che toccava il soffitto alto almeno 3 metri.
In campo fu come se il mio corpo e la mia energia non avessero più limiti, idem per i miei quattro compagni. Sembravamo cinque indemoniati, un quintetto di invasati con le facce stravolte. A un certo punto, verso la fine della partita, una densa bava verdina cominciò a schiumarmi dalla bocca. Il nostro stato di esaltazione era evidente, e sono sicuro che lo videro tutti, avversari e spettatori. Fatto sta che, soprattutto per la superprestazione di noi cinque dopati, la partita finì in parità, un risultato più utile al Genoa che al Verona.
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